برلسكوني يكشف عن معارضته للحرب ضد ليبيا
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برلسكوني يكشف عن معارضته للحرب ضد ليبيا
[Intervista esclusiva] Berlusconi: "Pronto ad aiutare il Governo sull'immigrazione. Serve unità"
Silvio Berlusconi
di Claudia Fusani
Il carnet con le richieste di interviste s'è riempito da un paio di settimane, da quando amministrative e sondaggi danno un paio di lunghezze di vantaggio al centrodestra unito rispetto a centrosinistra e 5 Stelle. TV, radio, giornali di carta e on line, perché il Presidente di Forza Italia ha compreso perfettamente come la comunicazione sia cambiata e debba seguire anche il pubblico dei siti e dei social. Reduce da una spumeggiante serata su La 7, Silvio Berlusconi accetta di consegnare a Tiscali.it alcuni importanti messaggi: ok al nuovo soggetto politico di centro; ecco come cambierà Forza Italia; avanti con un sistema di legge elettorale come quello già arrivato in aula alla Camera; giusto e necessario dare soccorso in mare. Soprattutto, via libera ad un tavolo di unità nazionale per affrontare il nodo dell'immigrazione e degli sbarchi. Infine, una certezza: il suo cuore batte solo per il Milan e non potrebbe mai occhieggiare ad altre squadre.
Presidente Berlusconi, si nota molta agitazione al centro: Costa parla con Tosi per fare il ponte verso Forza Italia; Verdini parla con Lupi che sta ancora in Ap; Quagliariello parla nn da solo ma forse no; Alfano parla con Parisi che ultimamente ha parlato anche con Salvini. Che effetto le fa questa agitazione? Qualcuno potrà ambire a tornare in Forza Italia?
"Questo significa una sola cosa: che sono in molti ad aver capito quello che noi diciamo da sempre, e cioè che il centro moderato, cattolico e liberale non può che essere alternativo alla sinistra. I profili, le ragioni e le storie delle persone che lei ha citato sono molto diversi fra loro, non sono paragonabili. Però se nascerà, come mi pare ci siano le condizioni perché accada, un nuovo soggetto di centro in Parlamento, alleato con noi, credo che questo sia un fatto positivo, se non altro perché riporta alle Camere, in questa ultima fase della legislatura, un po’ di coerenza con le scelte degli elettori nel 2013, che non diedero alcuna maggioranza alla sinistra.
Per quanto riguarda Forza Italia ho in mente qualcosa di diverso. Voglio un profondo rinnovamento basato su nuovi protagonisti, non politici di professione, ma donne e uomini della società civile, che hanno dimostrato nel lavoro, nell’impresa, nelle professioni, nella cultura, nel volontariato quello che sanno fare concretamente. E poi ovviamente rispetteremo coloro che hanno lavorato con lealtà, con impegno, con credibilità in questi cinque anni".
Nell'ultimo periodo, da quando i risultati delle destre in Europa non sono stati così esaltanti, Salvini e anche gli altri dirigenti leghisti sembrano aver abbassato i toni della loro comunicazione. È un modo per rispondere al suo progetto di centrodestra moderato ed europeo?
"Non giudico quello che accade in casa d’altri, non sarebbe rispettoso. Posso soltanto dire che un centro-destra vincente in tutt’Europa è quello che si rifà alla grande tradizione politica cristiana e liberale del Partito Popolare Europeo. Altre politiche, fortemente caratterizzate a destra - al di là del merito, che comunque non condivido – riescono a svolgere solo un ruolo di testimonianza, aiutando nei fatti la sinistra a vincere. L’esempio francese è sotto gli occhi di tutti. Sul premier le dirò una cosa sola: mi pare che siamo d’accordo sul fatto che il partito del centro-destra che prenderà più voti sarà quello che proporrà al Capo dello Stato il nome del premier. Se questo partito fosse la Lega Nord, indicherà chi ritiene più opportuno. Ho per regola di non intervenire nei fatti interni di altri partiti, a maggior ragione se amici ed alleati. Io naturalmente lavoro perché la forza politica più votata sia Forza Italia, e non ho dubbi di riuscirci, con ampio margine".
Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio
I sondaggi dicono che il 58% degli italiani deciderà come votare alle politiche sulla base di come sarà gestito il dossier immigrazione. Quale è la proposta di Forza Italia sul dossier: sul doppio fronte, quello del soccorso in mare e quello dell'accoglienza una volta arrivati in Italia?
"Su questo tema negli ultimi giorni sono state dette cose molto gravi. Il PD e i governi da esso sostenuti hanno fortissime responsabilità, che ora cercano di nascondere, dando la colpa una volta all’Europa – che pure non è esente da responsabilità – una volta addirittura, e questo è davvero ridicolo, ai nostri governi. Allora è bene ricordare un dato: nel 2010 noi avevamo praticamente azzerato gli sbarchi, in Italia arrivavano poco più di 4.000 persone l’anno. Lo stesso numero che oggi arriva in un solo week-end. Basterebbe dunque ripetere quello che avevamo fatto, noi stringendo accordi con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, in particolare la Libia di Gheddafi, che, in cambio di aiuti da parte nostra e dell’Unione Europea, si erano assunti l’impegno di bloccare i migranti in partenza disponendo lungo le coste un numero adeguato di militari. Sappiamo come sono andate le cose: Sarkozy e Obama hanno deciso di far fuori Gheddafi e la Libia è diventata un inferno con le sue 105 tribù scatenate una contro l’altra. Poi è arrivato da Obama il sostegno alle cosiddette primavere arabe, che hanno avuto anche il dissennato appoggio europeo, favorito in Italia dalla sinistra. Nel Nord Africa è scoppiato il caos e la Libia in particolare è diventata una porta spalancata per i trafficanti di esseri umani. I migranti si sono moltiplicati ed è evidente, che una volta in mare, non c’è altro da fare che soccorrerli: lo impone, prima ancora che il diritto internazionale, la civiltà alla quale apparteniamo".
Come si fa a rimpatriare persone alle quali i paesi di origine non riconoscono la cittadinanza?
"Qui entra davvero in gioco l’Europa. Solo l’Europa, con il suo peso politico ed economico, sarebbe oggi in grado di stipulare nuove accordi con i paesi africani, sia per i rimpatri, sia anche per bloccare le partenze, proprio come avevamo fatto noi. Sono due facce della stessa medaglia: se noi riusciamo a bloccare i migranti prima che si imbarchino, si potrà trattenerli per un certo periodo in centri di raccolta sotto il controllo internazionale, ma poi occorrerà rimandarli a casa. E’ assolutamente necessario che l’Europa si faccia carico di nuovi trattati sia con i paesi rivieraschi, sia con i paesi d’origine. Chi non ha diritto allo status di rifugiato non deve partire, e se per caso riesce a partire, dev’essere rimandato subito a casa".
L'Europa ci ha messo in un angolo costringendo noi al soccorso senza però procedere alla relocation. Bruxelles in cambio ci avrebbe concesso qualcosa sul deficit. L'Italia corre il rischio di diventare l'hub dell'Africa in Europa?
"L’Europa ha molte colpe, ma questa è davvero la minore. La relocation riguarda coloro che hanno diritto allo status di rifugiati, cioè che fuggono da luoghi in cui verrebbero perseguitati o uccisi. Fra coloro che sbarcano in Italia, si tratta di una percentuale piccolissima, il 3 o 4%. Quindi anche se l’Europa li dividesse tra tutti i suoi Paesi, l’effetto sarebbe minimo. Tutti gli altri, che sono la stragrande maggioranza, rimarrebbero comunque da noi. Questo è un altro alibi che la sinistra usa per coprire le proprie responsabilità. Fra esse una è gravissima: per libera scelta dell’Italia, decisa dal Governo Renzi, le navi dell’operazione Triton, che appartengono a diversi paesi europei, hanno il diritto di sbarcare tutti i migranti sulle coste italiane.
Qui cosa accade? Che i tempi per attribuire lo status di rifugiato sono lunghissimi, e nel frattempo queste persone vivono, in condizioni precarie, a spese dell’Italia. Poi chi non ha diritto all’asilo - cioè la quasi totalità dei migranti, che fuggono dalla povertà, non da guerre o oppressione politica – non viene rimpatriato ma rimane nella clandestinità, diventando così comoda manodopera per il lavoro nero, la criminalità, la prostituzione, lo spaccio. Un destino miserevole per loro, un allarme sociale molto grave per noi.
Tutto questo per responsabilità chiarissime dei governi di sinistra, aggravate da messaggi sbagliati come lo ius soli, che pure non riguarda direttamente i migranti. Ma se in Africa il messaggio diffuso dai trafficanti di esseri umani è che diventare italiani da oggi è più facile, questo che conseguenze comporterà? Un numero ancora maggiore di sventurati si riverseranno sulle nostre coste, una vera e propria invasione a cui nessun Paese potrebbe far fronte".
Lei ha governato fino al 2012, avevamo già vissuto gli sbarchi dalla Libia, le primavere arabe... I suoi governi hanno firmato il primo accordo di Dublino sull'obbligo di svolgere le pratiche per lo status di rifugiato nel primo paese di arrivo. Per come è evoluta, o involuta, la situazione oggi, ci sono scelte che farebbe in modo diverso?
"Intanto, a seguito dell’ennesimo colpo di Stato noi abbiamo governato fino a novembre del 2011 e i fatti ci hanno dato ragione su tutta la linea. Gli accordi di Dublino in particolare – bisogna spiegarlo a Renzi che ne parla a sproposito – si limitavano ad attribuire al primo paese europeo in cui arriva un profugo la competenza a decidere se questa persona avesse diritto allo status di rifugiato. Un principio logico, per evitare richieste plurime in diversi paesi da parte dello stesso soggetto. Non era scritto da nessuna parte che questo paese dovesse essere l’Italia. I migranti soccorsi in mare da navi di diverse nazionalità non solo potrebbero, ma dovrebbero essere sbarcati nel paese del quale batte la bandiera la nave soccorritrice. Questa regola, che applicherebbe l’accordo di Dublino, è stata cambiata dal governo Renzi quando è nata l’operazione Triton. Se poi questo fosse avvenuto nel quadro di un inconfessato scambio con l’Europa, che ci ha concesso più deficit per finanziare le regalie elettorali del governo Renzi, in cambio dell’invasione di migranti sulle nostre coste, allora sarebbe davvero una vergogna senza precedenti. Un volgare calcolo di interesse di partito, sulla pelle dei migranti e degli italiani più deboli".
C'è un retroscena inedito della crisi libica voluta da Sarkozy che ci può raccontare?
"Più che della crisi in sé, forse è giusto che gli italiani sappiano che il mio governo era contrarissimo all’intervento militare, e quindi a maggior ragione al coinvolgimento di basi e mezzi italiani. Mi resi subito conto degli effetti catastrofici che avrebbe provocato l’azione dei Paesi occidentali. Fu davvero una sofferenza, veder demolire in poche settimane il risultato di anni di paziente lavoro con la Libia e con Gheddafi per costruire un sistema di sicurezza e di stabilità nel Mediterraneo. Il presidente della Repubblica, che allora era Napolitano, era di diverso avviso, e fece valere la sua autorità costituzionale di comandante supremo delle Forze Armate. Pensai seriamente alle dimissioni, di fronte a una scelta che consegnava la Libia e il mediterraneo a una sanguinosa anarchia. Decisi con vera sofferenza di non farlo per non scatenare una crisi istituzionale senza precedenti in un momento così drammatico".
Presidente Berlusconi, lei sovrappone o tiene distinti i dossier immigrazione e sicurezza?
"Purtroppo non si possono tenere distinti. Chi arriva in Italia da clandestino e non ha quindi modo di svolgere un lavoro regolare, che altro può fare se non delinquere? Si può andare da forme di illegalità come il lavoro nero o lo smercio di prodotti contraffatti, a tragedie umane e sociali come la prostituzione, fino a veri crimini come lo spaccio di droga, i reati di strada, i furti negli appartamenti. C’è un dato che mi ha molto colpito: ormai, quando viene svaligiato un appartamento la prima cosa che i ladri svuotano è il frigorifero. Devono sfamarsi prima di cercare soldi o preziosi da trafugare. Significa che sono persone che hanno fame. E d’altronde come escludere che fra le folle di disperati che quotidianamente si riversano sulle nostre coste si infiltrino terroristi o comunque fanatici religiosi, sostenitori della violenza? E’ un pericolo che nessuna persona di buon senso può escludere".
Con quello economico, con la lotta alla burocrazia e alla corruzione, il tema immigrazione è il più difficile sul tavolo dei prossimi governi. Non crede che sarebbe più giusto creare su questa questione un tavolo di unità nazionale evitando così che venga strumentalizzata in campagna elettorale? I cittadini apprezzerebbero, non crede?
"Ovviamente sì. Abbiamo messo a disposizione del governo, come è giusto fare di fronte a una simile tragedia, la nostra esperienza e la nostra competenza. Ci sono stati degli incontri e delle manifestazioni di disponibilità, ma mi pare che non si sia andati oltre".
Con quale legge elettorale andremo a votare?
"Sarebbe certamente assurdo andare a votare con la legge in vigore, con due sistemi elettorali contraddittori fra Camera e Senato. Avevamo raggiunto un accordo su una legge, ispirata al modello proporzionale tedesco, che garantiva alle forze politiche un numero di parlamentari uguale alla percentuale dei voti ottenuti, evitando altresì sistemi forieri di corruzione come le preferenze.
Sarebbe incredibile che le forze politiche responsabili non ripartissero da lì. Cos’è cambiato da allora? Perché un incidente parlamentare assolutamente rimediabile su una questione marginale dovrebbe mettere in discussione una buona legge che tutti avevano approvato e votato in commissione? Qualcuno deve spiegare agli italiani la ragione di tutto questo. Vorrei ricordare che noi siamo sempre stati coerenti. E’ chiaro che fra le tante ragioni che hanno portato al discredito della politica vi è anche questa abitudine dei partiti a cambiare continuamente idea e a non portare mai a termine nulla".
Lei è stato l'uomo del maggioritario e della seconda repubblica. Non le spiace dover tornare indietro?
"Mi dispiace una sola cosa: non essere mai riuscito a convincere gli italiani a darmi fiducia con il 51% dei voti. Questa è l’unica colpa che mi attribuisco. Il maggioritario ha senso quando vi sono due soli poli forti che si confrontano, in modo tale che chi vince rappresenti davvero la maggioranza degli elettori, o almeno sia molto vicino a quella soglia. In uno scenario come quello italiano, nel quale si confrontano tre poli principali, un sistema maggioritario, con quasi il 50% di astenuti, significherebbe far vincere una estrema minoranza che governerebbe una grande maggioranza di cittadini. Quasi una “non” democrazia. Non si può governare un paese rappresentando meno di 1/3 dei votanti, e quindi – visto l’astensionismo - meno di 1/5 degli italiani. Voglio ripeterlo: saremo più una vera democrazia. Bisogna rispettare il voto dei cittadini: chi prende il 20% dei suffragi deve avere diritto al 20% degli eletti. E’ il sistema più semplice e più trasparente per restituire la sovranità al popolo. E sarebbe davvero l’ora, dopo quattro governi non scelti dagli italiani".
Quali possibili maggioranze immagina per il futuro?
"Una maggioranza di centro-destra, unita e allargata a tutti coloro che si riconoscono nei nostri valori e nei nostri programmi. Un centro-destra plurale, che guardi avanti, senza personalismi, senza rancori verso il passato. L’Italia ha bisogno di una trasformazione profonda. Non di semplici riforme ma di una vera e propria rivoluzione. Solo noi possiamo realizzarla. Si tratta di un progetto che ho riassunto simbolicamente in un “albero della libertà”: è un’idea che mi è venuta pensando alla necessità di indicare poche soluzioni semplici per ogni problema. Ogni ramo dell’albero rappresenta un problema del paese ma dà tre frutti che rappresentano le nostre soluzioni: tre “chiodi”, tre cose fondamentali che dovremo realizzare per risolvere ogni singolo problema".
Berlusconi e Renzi
Con Renzi ha interrotto ogni rapporto nel presente e anche per il futuro?
"I miei rapporti con Renzi erano funzionali a un obbiettivo preciso: scrivere delle regole nuove, concordate, per rendere più efficiente e più trasparente il funzionamento della democrazia. Su queste nuove regole, la legge elettorale e la riforma della Costituzione, Renzi ha via via cambiato gli accordi prima dell’episodio clamoroso dell’elezione del Capo dello Stato. Per il futuro, ovviamente, dovremo confrontarci in sede parlamentare a parlare della legge elettorale".
Bankitalia certifica una ripresa dell’1,4%. Scarsi però gli effetti visibili su disoccupazione, povertà, salari. Quale dovrebbe essere il punto di forza della prossima manovra?
"A parte il fatto che l’1,4% mi sembra essere un dato probabilmente ottimistico, la crescita rimane troppo bassa, sia rispetto a quella degli altri paesi dell’eurozona, sia rispetto al livello necessario per generare effetti positivi sull’occupazione. D’altronde il numero di persone senza lavoro rimane altissimo, mentre la povertà è ancora cresciuta, a livelli drammatici. Negli ultimi mesi secondo l’ISTAT altre 150.000 persone sono precipitate sotto la soglia di povertà assoluta. Siamo arrivati a più di 15 milioni di poveri, dei quali 4.750.000 in condizioni di povertà assoluta, il che vuol dire non avere – letteralmente – di che mangiare e vestirsi e dover dipendere totalmente dall’assistenza pubblica e dalla carità privata. Si tratta del 25% degli italiani, 1 italiano su 4 e questo ha dell’incredibile in un Paese avanzato come l’Italia che non ha quindi bisogno di riforme, ha bisogno di una rivoluzione profonda e radicale. Partirei dal fisco, da una netta riduzione delle tasse per tutti, famiglie e imprese, introducendo la flat tax, l’aliquota fissa a un livello più basso possibile, e con una quota esente per i primi 12.000 euro di reddito, così da tutelare i più deboli e assicurare la progressività delle imposte. C’è di più: per chi non arriva ai 12.000 euro, sul modello dell’imposta negativa proposta da Milton Friedman, abbiamo programmato un “reddito di dignità” che prevede che sia lo Stato, nell’ambito di una profonda riforma del welfare, a corrispondere denaro a chi non raggiunge quel reddito.
Ridurre le tasse significa lasciare più soldi a cittadini e imprese, quindi rilanciare i consumi e gli investimenti, e con essi l’occupazione, che a sua volta significa più denaro circolante, maggiori consumi e minore bisogno di spesa sociale, innestando un circolo virtuoso che abbiamo chiamato equazione liberale per lo sviluppo. E’ il metodo che ha consentito all’America di Reagan una stagione di crescita fra le più lunghe e importanti del 20°secolo. Naturalmente nelle nostre condizioni tutto questo non può avvenire in deficit. Ma con una riorganizzazione scientifica della macchina dello Stato, che in Italia non è mai stata fatta, saranno possibili grandi risparmi sulle spese".
Ha davvero messo gli occhi su una nuova squadra di calcio?
"Un’idea veramente fantasiosa. Ho ceduto il Milan, che era una parte del mio cuore, perché nel calcio attuale per avere una squadra competitiva occorrono delle cifre che solo grandi gruppi internazionali possono permettersi. E’ stata una scelta difficile, dolorosa, ma necessaria, che mi auguro consenta al Milan di ritornare al posto che gli compete. Comunque io non sono più il residente del Milan, Fininvest non è più proprietaria della squadra, ma rimarrò sempre il primo tifoso. Io peraltro, ogni domenica continuerò a fare il tifo per il Milan con la passione di sempre, ad esultare per i successi, a soffrire per le sconfitte, come quando da bambino mio padre mi portava per mano allo stadio a veder giocare il nostro Milan. Ci emozionavamo insieme per le vittorie, e quando perdevamo mi insegnava a non disperarmi, a credere nella possibilità di tornare a vincere, con l’impegno, lo spirito di sacrificio, il lavoro duro e tenace. Una lezione di vita. Una bandiera di vita non si può cambiare".
22 luglio 2017
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"A disposizione di Gentiloni la nostra esperienza e competenza". Il Cavaliere a tutto campo a Tiscali.it sul nuovo soggetto politico di centro e sulla legge elettorale "modello tedesco". A Renzi dice: "Confronto in Parlamento sul sistema di voto"
Silvio Berlusconi
di Claudia Fusani
Il carnet con le richieste di interviste s'è riempito da un paio di settimane, da quando amministrative e sondaggi danno un paio di lunghezze di vantaggio al centrodestra unito rispetto a centrosinistra e 5 Stelle. TV, radio, giornali di carta e on line, perché il Presidente di Forza Italia ha compreso perfettamente come la comunicazione sia cambiata e debba seguire anche il pubblico dei siti e dei social. Reduce da una spumeggiante serata su La 7, Silvio Berlusconi accetta di consegnare a Tiscali.it alcuni importanti messaggi: ok al nuovo soggetto politico di centro; ecco come cambierà Forza Italia; avanti con un sistema di legge elettorale come quello già arrivato in aula alla Camera; giusto e necessario dare soccorso in mare. Soprattutto, via libera ad un tavolo di unità nazionale per affrontare il nodo dell'immigrazione e degli sbarchi. Infine, una certezza: il suo cuore batte solo per il Milan e non potrebbe mai occhieggiare ad altre squadre.
Presidente Berlusconi, si nota molta agitazione al centro: Costa parla con Tosi per fare il ponte verso Forza Italia; Verdini parla con Lupi che sta ancora in Ap; Quagliariello parla nn da solo ma forse no; Alfano parla con Parisi che ultimamente ha parlato anche con Salvini. Che effetto le fa questa agitazione? Qualcuno potrà ambire a tornare in Forza Italia?
"Questo significa una sola cosa: che sono in molti ad aver capito quello che noi diciamo da sempre, e cioè che il centro moderato, cattolico e liberale non può che essere alternativo alla sinistra. I profili, le ragioni e le storie delle persone che lei ha citato sono molto diversi fra loro, non sono paragonabili. Però se nascerà, come mi pare ci siano le condizioni perché accada, un nuovo soggetto di centro in Parlamento, alleato con noi, credo che questo sia un fatto positivo, se non altro perché riporta alle Camere, in questa ultima fase della legislatura, un po’ di coerenza con le scelte degli elettori nel 2013, che non diedero alcuna maggioranza alla sinistra.
Per quanto riguarda Forza Italia ho in mente qualcosa di diverso. Voglio un profondo rinnovamento basato su nuovi protagonisti, non politici di professione, ma donne e uomini della società civile, che hanno dimostrato nel lavoro, nell’impresa, nelle professioni, nella cultura, nel volontariato quello che sanno fare concretamente. E poi ovviamente rispetteremo coloro che hanno lavorato con lealtà, con impegno, con credibilità in questi cinque anni".
Nell'ultimo periodo, da quando i risultati delle destre in Europa non sono stati così esaltanti, Salvini e anche gli altri dirigenti leghisti sembrano aver abbassato i toni della loro comunicazione. È un modo per rispondere al suo progetto di centrodestra moderato ed europeo?
"Non giudico quello che accade in casa d’altri, non sarebbe rispettoso. Posso soltanto dire che un centro-destra vincente in tutt’Europa è quello che si rifà alla grande tradizione politica cristiana e liberale del Partito Popolare Europeo. Altre politiche, fortemente caratterizzate a destra - al di là del merito, che comunque non condivido – riescono a svolgere solo un ruolo di testimonianza, aiutando nei fatti la sinistra a vincere. L’esempio francese è sotto gli occhi di tutti. Sul premier le dirò una cosa sola: mi pare che siamo d’accordo sul fatto che il partito del centro-destra che prenderà più voti sarà quello che proporrà al Capo dello Stato il nome del premier. Se questo partito fosse la Lega Nord, indicherà chi ritiene più opportuno. Ho per regola di non intervenire nei fatti interni di altri partiti, a maggior ragione se amici ed alleati. Io naturalmente lavoro perché la forza politica più votata sia Forza Italia, e non ho dubbi di riuscirci, con ampio margine".
Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio
I sondaggi dicono che il 58% degli italiani deciderà come votare alle politiche sulla base di come sarà gestito il dossier immigrazione. Quale è la proposta di Forza Italia sul dossier: sul doppio fronte, quello del soccorso in mare e quello dell'accoglienza una volta arrivati in Italia?
"Su questo tema negli ultimi giorni sono state dette cose molto gravi. Il PD e i governi da esso sostenuti hanno fortissime responsabilità, che ora cercano di nascondere, dando la colpa una volta all’Europa – che pure non è esente da responsabilità – una volta addirittura, e questo è davvero ridicolo, ai nostri governi. Allora è bene ricordare un dato: nel 2010 noi avevamo praticamente azzerato gli sbarchi, in Italia arrivavano poco più di 4.000 persone l’anno. Lo stesso numero che oggi arriva in un solo week-end. Basterebbe dunque ripetere quello che avevamo fatto, noi stringendo accordi con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, in particolare la Libia di Gheddafi, che, in cambio di aiuti da parte nostra e dell’Unione Europea, si erano assunti l’impegno di bloccare i migranti in partenza disponendo lungo le coste un numero adeguato di militari. Sappiamo come sono andate le cose: Sarkozy e Obama hanno deciso di far fuori Gheddafi e la Libia è diventata un inferno con le sue 105 tribù scatenate una contro l’altra. Poi è arrivato da Obama il sostegno alle cosiddette primavere arabe, che hanno avuto anche il dissennato appoggio europeo, favorito in Italia dalla sinistra. Nel Nord Africa è scoppiato il caos e la Libia in particolare è diventata una porta spalancata per i trafficanti di esseri umani. I migranti si sono moltiplicati ed è evidente, che una volta in mare, non c’è altro da fare che soccorrerli: lo impone, prima ancora che il diritto internazionale, la civiltà alla quale apparteniamo".
Come si fa a rimpatriare persone alle quali i paesi di origine non riconoscono la cittadinanza?
"Qui entra davvero in gioco l’Europa. Solo l’Europa, con il suo peso politico ed economico, sarebbe oggi in grado di stipulare nuove accordi con i paesi africani, sia per i rimpatri, sia anche per bloccare le partenze, proprio come avevamo fatto noi. Sono due facce della stessa medaglia: se noi riusciamo a bloccare i migranti prima che si imbarchino, si potrà trattenerli per un certo periodo in centri di raccolta sotto il controllo internazionale, ma poi occorrerà rimandarli a casa. E’ assolutamente necessario che l’Europa si faccia carico di nuovi trattati sia con i paesi rivieraschi, sia con i paesi d’origine. Chi non ha diritto allo status di rifugiato non deve partire, e se per caso riesce a partire, dev’essere rimandato subito a casa".
L'Europa ci ha messo in un angolo costringendo noi al soccorso senza però procedere alla relocation. Bruxelles in cambio ci avrebbe concesso qualcosa sul deficit. L'Italia corre il rischio di diventare l'hub dell'Africa in Europa?
"L’Europa ha molte colpe, ma questa è davvero la minore. La relocation riguarda coloro che hanno diritto allo status di rifugiati, cioè che fuggono da luoghi in cui verrebbero perseguitati o uccisi. Fra coloro che sbarcano in Italia, si tratta di una percentuale piccolissima, il 3 o 4%. Quindi anche se l’Europa li dividesse tra tutti i suoi Paesi, l’effetto sarebbe minimo. Tutti gli altri, che sono la stragrande maggioranza, rimarrebbero comunque da noi. Questo è un altro alibi che la sinistra usa per coprire le proprie responsabilità. Fra esse una è gravissima: per libera scelta dell’Italia, decisa dal Governo Renzi, le navi dell’operazione Triton, che appartengono a diversi paesi europei, hanno il diritto di sbarcare tutti i migranti sulle coste italiane.
Qui cosa accade? Che i tempi per attribuire lo status di rifugiato sono lunghissimi, e nel frattempo queste persone vivono, in condizioni precarie, a spese dell’Italia. Poi chi non ha diritto all’asilo - cioè la quasi totalità dei migranti, che fuggono dalla povertà, non da guerre o oppressione politica – non viene rimpatriato ma rimane nella clandestinità, diventando così comoda manodopera per il lavoro nero, la criminalità, la prostituzione, lo spaccio. Un destino miserevole per loro, un allarme sociale molto grave per noi.
Tutto questo per responsabilità chiarissime dei governi di sinistra, aggravate da messaggi sbagliati come lo ius soli, che pure non riguarda direttamente i migranti. Ma se in Africa il messaggio diffuso dai trafficanti di esseri umani è che diventare italiani da oggi è più facile, questo che conseguenze comporterà? Un numero ancora maggiore di sventurati si riverseranno sulle nostre coste, una vera e propria invasione a cui nessun Paese potrebbe far fronte".
Lei ha governato fino al 2012, avevamo già vissuto gli sbarchi dalla Libia, le primavere arabe... I suoi governi hanno firmato il primo accordo di Dublino sull'obbligo di svolgere le pratiche per lo status di rifugiato nel primo paese di arrivo. Per come è evoluta, o involuta, la situazione oggi, ci sono scelte che farebbe in modo diverso?
"Intanto, a seguito dell’ennesimo colpo di Stato noi abbiamo governato fino a novembre del 2011 e i fatti ci hanno dato ragione su tutta la linea. Gli accordi di Dublino in particolare – bisogna spiegarlo a Renzi che ne parla a sproposito – si limitavano ad attribuire al primo paese europeo in cui arriva un profugo la competenza a decidere se questa persona avesse diritto allo status di rifugiato. Un principio logico, per evitare richieste plurime in diversi paesi da parte dello stesso soggetto. Non era scritto da nessuna parte che questo paese dovesse essere l’Italia. I migranti soccorsi in mare da navi di diverse nazionalità non solo potrebbero, ma dovrebbero essere sbarcati nel paese del quale batte la bandiera la nave soccorritrice. Questa regola, che applicherebbe l’accordo di Dublino, è stata cambiata dal governo Renzi quando è nata l’operazione Triton. Se poi questo fosse avvenuto nel quadro di un inconfessato scambio con l’Europa, che ci ha concesso più deficit per finanziare le regalie elettorali del governo Renzi, in cambio dell’invasione di migranti sulle nostre coste, allora sarebbe davvero una vergogna senza precedenti. Un volgare calcolo di interesse di partito, sulla pelle dei migranti e degli italiani più deboli".
C'è un retroscena inedito della crisi libica voluta da Sarkozy che ci può raccontare?
"Più che della crisi in sé, forse è giusto che gli italiani sappiano che il mio governo era contrarissimo all’intervento militare, e quindi a maggior ragione al coinvolgimento di basi e mezzi italiani. Mi resi subito conto degli effetti catastrofici che avrebbe provocato l’azione dei Paesi occidentali. Fu davvero una sofferenza, veder demolire in poche settimane il risultato di anni di paziente lavoro con la Libia e con Gheddafi per costruire un sistema di sicurezza e di stabilità nel Mediterraneo. Il presidente della Repubblica, che allora era Napolitano, era di diverso avviso, e fece valere la sua autorità costituzionale di comandante supremo delle Forze Armate. Pensai seriamente alle dimissioni, di fronte a una scelta che consegnava la Libia e il mediterraneo a una sanguinosa anarchia. Decisi con vera sofferenza di non farlo per non scatenare una crisi istituzionale senza precedenti in un momento così drammatico".
Presidente Berlusconi, lei sovrappone o tiene distinti i dossier immigrazione e sicurezza?
"Purtroppo non si possono tenere distinti. Chi arriva in Italia da clandestino e non ha quindi modo di svolgere un lavoro regolare, che altro può fare se non delinquere? Si può andare da forme di illegalità come il lavoro nero o lo smercio di prodotti contraffatti, a tragedie umane e sociali come la prostituzione, fino a veri crimini come lo spaccio di droga, i reati di strada, i furti negli appartamenti. C’è un dato che mi ha molto colpito: ormai, quando viene svaligiato un appartamento la prima cosa che i ladri svuotano è il frigorifero. Devono sfamarsi prima di cercare soldi o preziosi da trafugare. Significa che sono persone che hanno fame. E d’altronde come escludere che fra le folle di disperati che quotidianamente si riversano sulle nostre coste si infiltrino terroristi o comunque fanatici religiosi, sostenitori della violenza? E’ un pericolo che nessuna persona di buon senso può escludere".
Con quello economico, con la lotta alla burocrazia e alla corruzione, il tema immigrazione è il più difficile sul tavolo dei prossimi governi. Non crede che sarebbe più giusto creare su questa questione un tavolo di unità nazionale evitando così che venga strumentalizzata in campagna elettorale? I cittadini apprezzerebbero, non crede?
"Ovviamente sì. Abbiamo messo a disposizione del governo, come è giusto fare di fronte a una simile tragedia, la nostra esperienza e la nostra competenza. Ci sono stati degli incontri e delle manifestazioni di disponibilità, ma mi pare che non si sia andati oltre".
Con quale legge elettorale andremo a votare?
"Sarebbe certamente assurdo andare a votare con la legge in vigore, con due sistemi elettorali contraddittori fra Camera e Senato. Avevamo raggiunto un accordo su una legge, ispirata al modello proporzionale tedesco, che garantiva alle forze politiche un numero di parlamentari uguale alla percentuale dei voti ottenuti, evitando altresì sistemi forieri di corruzione come le preferenze.
Sarebbe incredibile che le forze politiche responsabili non ripartissero da lì. Cos’è cambiato da allora? Perché un incidente parlamentare assolutamente rimediabile su una questione marginale dovrebbe mettere in discussione una buona legge che tutti avevano approvato e votato in commissione? Qualcuno deve spiegare agli italiani la ragione di tutto questo. Vorrei ricordare che noi siamo sempre stati coerenti. E’ chiaro che fra le tante ragioni che hanno portato al discredito della politica vi è anche questa abitudine dei partiti a cambiare continuamente idea e a non portare mai a termine nulla".
Lei è stato l'uomo del maggioritario e della seconda repubblica. Non le spiace dover tornare indietro?
"Mi dispiace una sola cosa: non essere mai riuscito a convincere gli italiani a darmi fiducia con il 51% dei voti. Questa è l’unica colpa che mi attribuisco. Il maggioritario ha senso quando vi sono due soli poli forti che si confrontano, in modo tale che chi vince rappresenti davvero la maggioranza degli elettori, o almeno sia molto vicino a quella soglia. In uno scenario come quello italiano, nel quale si confrontano tre poli principali, un sistema maggioritario, con quasi il 50% di astenuti, significherebbe far vincere una estrema minoranza che governerebbe una grande maggioranza di cittadini. Quasi una “non” democrazia. Non si può governare un paese rappresentando meno di 1/3 dei votanti, e quindi – visto l’astensionismo - meno di 1/5 degli italiani. Voglio ripeterlo: saremo più una vera democrazia. Bisogna rispettare il voto dei cittadini: chi prende il 20% dei suffragi deve avere diritto al 20% degli eletti. E’ il sistema più semplice e più trasparente per restituire la sovranità al popolo. E sarebbe davvero l’ora, dopo quattro governi non scelti dagli italiani".
Quali possibili maggioranze immagina per il futuro?
"Una maggioranza di centro-destra, unita e allargata a tutti coloro che si riconoscono nei nostri valori e nei nostri programmi. Un centro-destra plurale, che guardi avanti, senza personalismi, senza rancori verso il passato. L’Italia ha bisogno di una trasformazione profonda. Non di semplici riforme ma di una vera e propria rivoluzione. Solo noi possiamo realizzarla. Si tratta di un progetto che ho riassunto simbolicamente in un “albero della libertà”: è un’idea che mi è venuta pensando alla necessità di indicare poche soluzioni semplici per ogni problema. Ogni ramo dell’albero rappresenta un problema del paese ma dà tre frutti che rappresentano le nostre soluzioni: tre “chiodi”, tre cose fondamentali che dovremo realizzare per risolvere ogni singolo problema".
Berlusconi e Renzi
Con Renzi ha interrotto ogni rapporto nel presente e anche per il futuro?
"I miei rapporti con Renzi erano funzionali a un obbiettivo preciso: scrivere delle regole nuove, concordate, per rendere più efficiente e più trasparente il funzionamento della democrazia. Su queste nuove regole, la legge elettorale e la riforma della Costituzione, Renzi ha via via cambiato gli accordi prima dell’episodio clamoroso dell’elezione del Capo dello Stato. Per il futuro, ovviamente, dovremo confrontarci in sede parlamentare a parlare della legge elettorale".
Bankitalia certifica una ripresa dell’1,4%. Scarsi però gli effetti visibili su disoccupazione, povertà, salari. Quale dovrebbe essere il punto di forza della prossima manovra?
"A parte il fatto che l’1,4% mi sembra essere un dato probabilmente ottimistico, la crescita rimane troppo bassa, sia rispetto a quella degli altri paesi dell’eurozona, sia rispetto al livello necessario per generare effetti positivi sull’occupazione. D’altronde il numero di persone senza lavoro rimane altissimo, mentre la povertà è ancora cresciuta, a livelli drammatici. Negli ultimi mesi secondo l’ISTAT altre 150.000 persone sono precipitate sotto la soglia di povertà assoluta. Siamo arrivati a più di 15 milioni di poveri, dei quali 4.750.000 in condizioni di povertà assoluta, il che vuol dire non avere – letteralmente – di che mangiare e vestirsi e dover dipendere totalmente dall’assistenza pubblica e dalla carità privata. Si tratta del 25% degli italiani, 1 italiano su 4 e questo ha dell’incredibile in un Paese avanzato come l’Italia che non ha quindi bisogno di riforme, ha bisogno di una rivoluzione profonda e radicale. Partirei dal fisco, da una netta riduzione delle tasse per tutti, famiglie e imprese, introducendo la flat tax, l’aliquota fissa a un livello più basso possibile, e con una quota esente per i primi 12.000 euro di reddito, così da tutelare i più deboli e assicurare la progressività delle imposte. C’è di più: per chi non arriva ai 12.000 euro, sul modello dell’imposta negativa proposta da Milton Friedman, abbiamo programmato un “reddito di dignità” che prevede che sia lo Stato, nell’ambito di una profonda riforma del welfare, a corrispondere denaro a chi non raggiunge quel reddito.
Ridurre le tasse significa lasciare più soldi a cittadini e imprese, quindi rilanciare i consumi e gli investimenti, e con essi l’occupazione, che a sua volta significa più denaro circolante, maggiori consumi e minore bisogno di spesa sociale, innestando un circolo virtuoso che abbiamo chiamato equazione liberale per lo sviluppo. E’ il metodo che ha consentito all’America di Reagan una stagione di crescita fra le più lunghe e importanti del 20°secolo. Naturalmente nelle nostre condizioni tutto questo non può avvenire in deficit. Ma con una riorganizzazione scientifica della macchina dello Stato, che in Italia non è mai stata fatta, saranno possibili grandi risparmi sulle spese".
Ha davvero messo gli occhi su una nuova squadra di calcio?
"Un’idea veramente fantasiosa. Ho ceduto il Milan, che era una parte del mio cuore, perché nel calcio attuale per avere una squadra competitiva occorrono delle cifre che solo grandi gruppi internazionali possono permettersi. E’ stata una scelta difficile, dolorosa, ma necessaria, che mi auguro consenta al Milan di ritornare al posto che gli compete. Comunque io non sono più il residente del Milan, Fininvest non è più proprietaria della squadra, ma rimarrò sempre il primo tifoso. Io peraltro, ogni domenica continuerò a fare il tifo per il Milan con la passione di sempre, ad esultare per i successi, a soffrire per le sconfitte, come quando da bambino mio padre mi portava per mano allo stadio a veder giocare il nostro Milan. Ci emozionavamo insieme per le vittorie, e quando perdevamo mi insegnava a non disperarmi, a credere nella possibilità di tornare a vincere, con l’impegno, lo spirito di sacrificio, il lavoro duro e tenace. Una lezione di vita. Una bandiera di vita non si può cambiare".
22 luglio 2017
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